Tratto
da: Le Grandi Profezie
Autore: Roberto Buccellani
De
Vecchi Editore
La veggente di Fiensberg
Siamo
nel 1849.
Guglielmo
I, all’epoca ancora Principe ereditario dell’Impero austroungarico, sentì
parlare con insistenza di una contadina di Fiensberg, dotata - secondo le voci
popolari - del potere della chiaroveggenza. Un giorno, quindi, trovandosi a
poca distanza dalla suddetta località, chiese che questa persona fosse portata
al suo cospetto, per poterla interrogare sul proprio futuro. La donna, prima di
cominciare a rispondere al futuro sovrano, scrisse alcune cifre in cerchio.
Ed
ecco, finalmente, le domande.
Guglielmo,
una volta rassicurato del fatto che sarebbe diventato Imperatore, chiese quando
ciò sarebbe accaduto.
La
veggente, allora, trascrisse su un foglio le cifre dell’anno in cui gli
avvenimenti si stavano svolgendo: prima in senso orizzontale, e poi verticalmente.
In
questo modo:
1849
1
8
4
9
Chiese
quindi al Principe di sommarle una all’altra, come se si fosse trattato di una
normale addizione:
1849 +
1
+
8
+
4
+
9
=
1871
1871: l’anno in cui,
effettivamente, Guglielmo diventò Imperatore. Guglielmo volle allora conoscere
anche l’anno della sua morte.
La
donna ripeté il medesimo procedimento; questa volta, però, la data trascritta
nei due sensi era proprio quella appena citata: il 1871.
L’operazione
da eseguire è sempre la stessa:
1871 1871 +
1 1 +
8 8 +
7 7 +
1
1 =
1888
E
proprio nel 1888 Guglielmo I morì. C’è un’ultima cosa che egli volle sapere:
quando sarebbe crollato il suo Impero.
La
scena non cambiò: la contadina trascrisse il numero 1888 orizzontalmente e
verticalmente, compiendo poi la relativa addizione:
1888
1888 +
1 1 +
8 8 +
8 8 +
8 8 =
1913
Chiese,
però, al Principe di sommare le quattro cifre che componevano quest’ultima
data: 1 + 9 + 1 + 3 = 14; l’Impero sarebbe crollato in uno di questi due anni:
il 1913 o il 1914.
Che
cosa dire di quest’ultima predizione?
Guglielmo
Il - nipote dell’uomo che aveva voluto parlare con la veggente di Fiensberg, e
ultimo sovrano dell’Impero austroungarico - abdicò nel 1918. Tuttavia, fu
proprio lo scoppio del primo conflitto mondiale (risalente al 1914) a segnare
quello che si rivelerà “l’inizio della fine” della casa asburgica.
Un profeta moderno: Don
Bosco
La figura
di Don Bosco occupa un posto sicuramente anomalo in una raccolta di profezie: è
piuttosto difficile, infatti, parlare di lui come di un vero e proprio
veggente.
Nella
sua opera di assistenza ai bambini più poveri e soli (che porterà alla
fondazione delle Case Salesiane in buona parte del mondo), Giovanni Bosco
visse situazioni drammatiche e momenti di pesante sconforto, ai quali fece
fronte grazie alla profonda fede che sempre lo animò.
Proprio
questa perseveranza, però, rende difficile una classificazione delle sue
“visioni”: spesso, più che delle profezie, si trattavano di veri e propri
“sogni missionari”.
Alcune
particolari predizioni
Le
doti profetiche di Don Bosco sono state oggetto di un approfondito dibattito
nel corso del processo per la sua beatificazione.
Alcune
sue predizioni, inerenti al quotidiano svolgimento della vita nelle comunità
di Salesiani, pur lasciando stupiti per la precisione con la quale si
verificavano, vengono spesso catalogate come semplici previsioni fatte da un uomo
con il cuore grande, così legato ai ragazzi dei quali si prendeva cura da
sapere in anticipo come essi si sarebbero comportati.
Talvolta,
invece, egli dimostrò di conoscere in anticipo gli esiti delle valutazioni
alle quali venivano sottoposti, dalle autorità superiori, i suoi progetti
missionari, molto spesso non compresi appieno e osteggiati perché considerati
in competizione con le normali attività di catechesi degli oratori.
Don
Bosco, inoltre, predisse, molto prima che queste si verificassero, le morti di
quasi tutti i giovani dell’oratorio e le circostanze di tali avvenimenti. Egli
stesso, stupito da tale capacità profetica, fu solito confidare le iniziali
della persona di cui aveva sognato la morte a qualche suo fedele aiutante:
furono alcuni di loro, in seguito, a insistere con più convinzione sulle doti
di questa straordinaria persona, capace di percepire ciò che sfugge alla
conoscenza
dell’uomo
comune.
L’ULTIMO “SOGNO MISSIONARIO” DI DON BOSCO
Significativo, in tal senso, può senz‘altro essere un episodio verificatosi
il 10 aprile 1886, comunemente noto come “l’ultimo sogno missionario” di Don
Bosco.
Fu proprio quest’ultimo a raccontarlo commosso, il mattino seguente, al
proprio segretario:
Si trovava in cima a una vetta, dalla quale il suo sguardo poteva spaziare
su tutto l‘orizzonte. Attorno a lui correvano una moltitudine di fanciulli che,
uno dopo l’altro, gli dicevano:
“Finalmente sei arrivato tra noi! E ora che ci sei, non ti lasceremo più
andare via “. E una pastorella, che custodiva un folto gregge di agnelli, disse
loro: “Voi tutti dovete ora volgere il vostro sguardo lontano. Cosa vedete?”.
“Vediamo montagne, il mare, colline e ancora montagne e mari “. “E leggo un
nome: Valparaiso.” diceva un fanciullo. E un altro incalzava: “E io leggo
Santiago “; “E io Pechino “. Allora, la pastorella spiegò che, unendo con una
linea immaginaria quei punti, avrebbero individuato le località nelle quali i
Salesiani si sarebbero insediati, fondando centri di preparazione per i
missionari: luoghi di studio e sedi di noviziato che avrebbero fornito
sacerdoti per tutti quei Paesi bisognosi: dall’Africa alla Cina,
dall’Argentina all’Uruguay...
Alla morte di don Bosco, avvenuta tredici anni dopo, il lavoro compiuto era
stato enorme, e quel “sogno” profetico poteva dirsi realizzato in pieno.