Tratto da:
Mario de Sabato
Confidenze di un
Veggente
Edizioni Mediterranee
Fascino del Mistero
Ad ogni conquista di vasta risonanza
della scienza profana, vi è chi si lancia in disquisizioni
socio-filosofiche allo scopo di dimostrare che un altro passo è
stato compiuto sulla via della conoscenza, della verità, del
progresso; o, peggio ancora, per affermare come ben poco sia rimasto da scoprire all'Uomo, come la letteratura fantastica e
fantascientifica abbia fatto il suo tempo, come le tenebre della reazione siano
state sconfitte, come nulla più sia rimasto di mito e di mistero in un
mondo dominato e controllato dalla tecnica.
Che simili affermazioni non possano essere accettate, ormai tutti
coloro i quali non si siano assuefatti ad un certo diffuso conformismo
possono agevolmente convenirne. Del resto, è bene precisarlo, una
cosa sono la scienza e la tecnica, un'altra la
mentalità di cui sopra: lo scientismo, quella « filosofia »
secondo cui tutto può essere spiegato e conosciuto esclusivamente
attraverso la scienza, la quale mira ad un continuo ed inalienabile progresso
dell'Uomo. Nessuno, è chiaro, finché si rimane nell'ambito
della normalità, vuole mettere in dubbio quanto, tramite tale espressione della mente umana, si è oggi
raggiunto, mentre al contrario non- si può non condannare
l'atteggiamento psicologico e a volte addirittura filosofico che ad essa viene
automaticamente collegato.
Il problema ha, dunque, due aspetti
distinti: quello di impedire che la scienza
prenda dimensioni disumane e che da semplice mezzo divenga un fine; quello
della critica allo scientismo. Il primo punto ha oggi accusatori delle
più varie estrazioni che reclamano il ritorno alla « natura
», un ridimensionamento dell'odierno mondo meccanicistico, una difesa
ecologica e cosi via, non ricordando però che sin dagli Anni Trenta
alcuni scienziati famosi, oggi ingiustamente dimenticati, avevano posto già le basi del discorso attuale,
distinguendo fra uomo e macchina, strumento e fine. Il secondo punto, che negli
ultimi tempi ha visto in prima linea gli stessi esponenti delle varie
discipline scientifiche, ha le sue origini nel periodo fra le due guerre
mondiali, allorché pensatori di diverse nazionalità, da
punti di vista differenti ma tutti ricollegantisi ad una concezione
antiprogressista della storia, criticavano la
società occidentale ed i suoi tabù, fra cui anche lo scientismo, precorrendo di vari decenni le
molteplici e spurie « contestazioni » odierne.
Che non si possa
parlare di una superiorità attuale della scienza, ma che, al
contrario, si debba parlare di una sua vera e propria « crisi
» come metodo conoscitivo totale lo sta a dimostrare anche il ritorno in
grande stile di tutto quanto appartenga all'ancora vasto mondo
dell'ignoto, dell'occulto, del mistero. Se da un lato il tramonto dei valori
tradizionali ha aperto le porte a quella che è stata definita da alcuni
autori come la « seconda religiosità
» (una religiosità sfaldata, diretta verso il basso e non verso
l'alto), da un altro lato l'aridità spirituale propria della scienza
ha fatto si che un settore sempre più ampio di pubblico sentisse
nuovamente l'esigenza del mistero, il bisogno di documentarsi su tutto
ciò che ancora negli Anni Settanta può risultare avvolto nei veli
dell'ignoto, su cui si sa poco e su cui, pertanto, la fantasia può
compiere spericolate avventure, mentre l'intelligenza può essere
condotta verso speculazioni
affascinanti.
Ecco dunque il fiorire di romanzi
occulti e fantastici, di saggi sulle civiltà del passato,
sull'« archeologia spaziale », sulle religioni
iniziatiche, sui popoli misteriosi, sulle antiche scienze, su personaggi
enigmatici, sulle leggende, sui fenomeni paranormali, sulla mitologia, sui
misteri naturali, sulle possibilità insospettate della mente umana,
sulle dottrine orientali e così via.
La Biblioteca dei Misteri si propone di
portare un valido contributo in questo campo: toccando, mediante la
pubblicazione di opere di noti specialisti, i vari
settori, essa fornirà al lettore attento ed esigente una vera e
propria mappa dei misteri che ancora ci circondano, di quelli del passato che
ancora fanno sentire la loro influenza fra di noi, di quelli del presente
che ancora non sono stati svelati.
G.d.T.
18.
Il posto di Dio nel mio «Io»
Dio. Questo
mistero che domina l'universo e di cui le persone più sensate dicono
semplicemente: « Non so se c'è un Dio, ma in tutti i modi
c'è qualcosa sopra di noi, che ci supera e che io non capisco! ».
Certo, non si capisce, e non c'è niente da capire. Come si potrebbe
spiegare una cosa infinita?...
Oh, lo so,
molti teologi hanno parlato di Dio prima di me, anche
molti filosofi, e taluni l'hanno fatto per dichiararci che non ci
credevano!... Tuttavia, il solo fatto di parlarne è la prova che esiste.
Che senso avrebbe la filosofia senza il simbolo di
Dio? Lo sanno, quei filosofi che ci dicono di aver capito, che senza Dio non
avrebbero nulla da dire? Quale che sia il loro
atteggiamento, Dio sarà sempre il fine al quale tendono tutte le
filosofie.
So, per mia propria esperienza, che la gente si domanda spesso
quale posto abbia la fede nella vita di un veggente. Io penso che un veggente,
se è un profeta onesto, non deve essere
considerato uno stregone, ma un figlio di Dio. È assurdo cercare la
minima intenzione diabolica nel dono della profezia.
« II
mio Dio » è la Forza che reco in me: dirige tutti i miei pensieri,
i miei atti, corregge i miei difetti, anche i
più piccoli. È la voce che sento dal
fondo del mio petto e la mia voce è la sua eco. La voce a cui obbedisco. La voce che mi parla perché io l'ascolto e
che intendo perché so ascoltare.
Scegliere il
Bene è affermare che Dio esiste ed esisterà sempre. Ma
bisogna amare, saper capire e conservare in fondo a se stessi una eguale fiducia, tanto oggi quanto domani. « Dio in
sé » non esiste soltanto per proteggerci; esiste
anche per abitare in noi. Chiunque sappia questo, non
è mai più solo. E allora, come
quando si è in due, ci si consulta prima di agire.
Vivere in
confidenza con Dio, come si dovrebbe fare con coloro che ci circondano,
richiede di essere in pace con la propria coscienza. Ma
sono rari, coloro che ci riescono. Che peccato! Perché questa pace è la chiave delia felicità
sulla terra. La sola chiave che chiuderebbe per sempre
la porta ai conflitti, alle guerre, ai crimini ed alla miseria.
Ahimè! L'essere umano è talmente schiavo delle sue passioni!
Dio
è l'oggetto unico del mio cammino interiore; guida
la mia coscienza nell'analisi di tutti i miei atti. Perciò
non ho mai dubitato della presenza di Dio intorno a me.
In
compenso, non sempre ho accettato gli insegnamenti della Chiesa che tende troppo
a semplificare per rassicurare la folla dei fedeli, o prepara un'erronea
dottrina per dei facili consumatori, di cui io non faccio parte. Per essi è valida. Per me, no. Forse io sono troppo
esigente. Ma il modo di persuasione impiegato non è veramente importante: l'importante
è credere.
Per conto mio, non
ho nessun bisogno che
mi si « faccia la
scena » per convincermi, come si dice familiarmente. Io capto,
sento, e allora so.
Si, Dio
è fra noi perché grande è la nostra inquietudine.
Senza questa inquietudine, la volontà di Dio
non potrebbe manifestarsi nel cuore dell'uomo. Io ho sempre avuto la
fede. Eppure, se avessi atteso dal cielo un sollievo alla miserabile vita che è stata la mia durante l'infanzia, avrei
avuto buone ragioni per non credere!
Io non ho mai conosciuto la beatitudine, non mi sono mai sottomesso
ciecamente alla volontà di Dio. Sarebbe troppo semplice. Ho lottato
conservando una fede incrollabile, pur sapendo bene che l'aiuto non mi
sarebbe venuto dal cielo, ma da me stesso. Ma Dio non ha mai rotto la nostra
alleanza segreta e m'ha sempre dispensato la Sua
Forza. Infatti, io non sono di quelli che pensano che
basta pregare per essere esauditi, dicendosi: « Se Dio esiste,
ascolterà il mio richiamo ». Perché l'uomo è tale,
che vuoi sempre scaricare la sua pena. E cosi si perde. Non sa, dunque, che deve accettare la prova da solo?
No, perché non ha compreso nulla! Quando si crede non si deve esigere nulla da Dio; bisogna
dargli tutto. L'uomo di cattiva fede, che non sa dare, non avrà mai
la sua parte della Forza suprema di Dio.