Tratto da:

Mario de Sabato

Confidenze di un Veggente

Edizioni Mediterranee

 

19. Il mio incontro con Padre Pio


 

Il 20 agosto 1966, mi recai a San Giovanni Ro­tondo, piccolo paese sui monti del Gargano, nel sud del­l'Italia. Avevo fatto questo viaggio con l'unico scopo di vedere Padre Pio, il celebre frate che recava le stigmate del Cristo. Non avevo nessun pregiudizio, nessuna parti­colare intenzione; volevo soltanto sapere se si sarebbe verificato un qualsiasi fenomeno. Padre Pio era un sant'uo­mo, un saggio, senza dubbio, designato da Dio a rappre­sentarlo fra gli uomini: era dunque interessante sapere ciò che io, il veggente, avrei provato a contatto con questo es­sere superiore.

Partiti in automobile, il mio segretario ed io, arri­vammo a San Giovanni Rotondo verso le 15. Circa un'ora dopo, lasciai la mia camera per chiedere all'impiegato della « reception » dell'albergo alcuni particolari. Mi disse che Padre Pio era molto malato e che da due giorni non era apparso in pubblico. Non diceva più, come prima era so­lito fare, la messa alle quattro ogni mattina: recitava sol­tanto il rosario, la sera alle diciassette, e naturalmente non confessava più. L'Italia attraversava un periodo di caldo molto intenso, e l'impiegato mi precisò che, per di più, Padre Pio sopportava con grande difficoltà quel tempo pesante e soffocante. Pensava, e gliene doleva molto, che mi sarebbe stato difficile vedere Padre Pio, tanto più che dovevo ripartire l'indomani. Il mio amico rimase desolato nell'ascoltare questa notizia, ma io lo rassicurai subito.

— Non ti preoccupare —, gli dissi, — io so che vedremo Padre Pio, mi vedo vicino a lui.

Lo trascinai, allora, fino alla chiesa affiancata al mo­desto convento in cui viveva Padre Pio. Una cinquantina di persone pregava, senza aspettar nulla di speciale, sem­brava. D'altronde, se il Padre avesse dovuto venire alle diciassette per il rosario, ci sarebbe stata certamente una folla maggiore. Abbiamo pregato anche noi per un certo tempo. La calma del luogo era impressionante; io ero invaso da un grande turbamento. A poco a poco i fedeli lasciavano la chiesa, il che mi dispiacque. Ma alla fine dovemmo rassegnarci anche noi. Padre Pio non sarebbe venuto e niente, sembrava, l'avrebbe fatto venire. Il mio amico mi propose di andare a visitare il paesino e di ri­tornare più tardi, verso le diciotto o le diciannove. Non ero d'accordo. Sentivo che sarebbe stato meglio restare. Sul sagrato della chiesa un prete italiano stava conversando con alcune persone, e io mi permisi di interrogarlo. Mi disse che Padre Pio aveva fatto due o tre confessioni nel pomeriggio e che verso le diciassette e trenta, vero­similmente, sarebbe venuto a recitare le preghiere della sera. Decisi allora di rientrare nella chiesa che, a poco a poco, si andava nuovamente riempiendo, poiché la notizia aveva fatto il giro del paese. Qualche istante più tardi, il Padre apparve al balcone interno sinistro, sopra l'altare, e prese posto, aiutato e sostenuto da due suoi confratelli. Sembrava stanchissimo, incapace di camminare. Lo sentivo ammalato, visibilmente senza più forze. Quel vecchio uo­mo di settantanove anni aveva l'aria di cedere alle soffe­renze che l'avevano sempre accompagnato. Tuttavia, il suo volto, d'una strana purezza, incorniciato da una barba bian­ca, sembrava felice e sereno. Tutti i presenti erano in pie­di, attenti. In un silenzio assoluto, tutti si segnavano, con gli occhi fissi su di lui. Nel microfono, collocato ac­canto a lui, egli cominciò a recitare le sue preghiere in italiano. Ciò durò per un'ora, forse: non lo so. Non ho sentito passare il tempo e in nessun momento ho provato stanchezza. La sua voce, meravigliosamente giovane, era quella di un uomo in piena salute! Recitava molto distin­tamente, con voce chiara e sicura, ma forse un po' troppo rapida. Tra i presenti, noi, come tutti, rispondevamo in coro alle preghiere, ciascuno nella sua lingua, perché c'era­no anche molti stranieri. Si formava cosi una commovente unione fraterna. Era, per me, uno di quegli istanti della vita che non si vorrebbe lasciar mai fuggire...

In piedi, senza provare la minima fatica, aspettavo; dopo la preghiera, ricevemmo la benedizione del Padre, e sussurrai all'orecchio del mio amico il desiderio che ave­vo di vederlo da vicino. Ma non sapevo né come né dove. Allora una signora, sentendoci parlare francese, ci infor­mò che avremmo potuto vederlo nella sacrestia, dove pas­sava appena finita la preghiera. Solo gli uomini avevano il permesso di avvicinarlo e, naturalmente, bisognava affret­tarsi perché la porta si chiudeva non appena c'era abba­stanza gente.

Subito dopo la benedizione, ci recammo in fretta al posto che ci era stato indicato. Era una vasta sala, molto umile, dove già c'erano alcuni uomini ad attendere. Il cuo­re mi batteva, quantunque non avessi niente da chiedergli. Non mi aspettavo nulla, nessuna grazia particolare, nes­sun privilegio. D'altronde, io non chiedo mai nulla per me stesso. Ero là per vederlo, per sentire la sua presenza. Ma portavo, senza rendermene conto, il peso dei numerosi af­fanni di tutti coloro che venivano da me per chiedere aiuto

e conforto. Credevo di essere solo, e ad un tratto mi resi conto che con me erano tutte le sofferenze, le angosce, i tormenti, ed anche le speranze di quanti hanno fiducia in me e da me attendono qualcosa. Eppoi c'erano tutte le preghiere che io avevo così spesso elevate a Dio per altri, nella speranza che altri avrebbero pregato per me.

Il Padre entrò nella sala da una porta a sinistra. Al centro della sala, avevamo lasciato uno spazio e formato una specie di ala d'onore per consentirgli di passare cir­condato dal rispetto. Procedeva lentamente, sostenuto da due frati. Si fermò davanti a me, pose la mano sulla spalla sinistra di un bambinetto che mi era a fianco e gli disse qualche parola di conforto. Io non mi muovevo, guardavo soltanto gli altri che lo toccavano; il mio cuore batteva sempre furiosamente. Allora mi ha guardato a lun­go. Non dimenticherò mai quello sguardo, quegli occhi che hanno un modo cosi personale di scrutarvi. Mi sem­brava di non esistere più, di essere diventato un altro. Poi il Padre volse lo sguardo altrove. E allora io provai uno strano malessere, che in pari tempo mi turbava e mi faceva bene. Un dolore violento, intollerabile, alla bocca dello stomaco si propagò per tutto il mio corpo. Soffrivo di un male che non conoscevo, mentre avevo gli occhi sempre fissi sul Padre che si dirigeva verso l'uscita, in fondo alla sala. Era già andato via, e nondimeno io lo vedevo ancora là, che camminava in mezzo al corridoio lasciato libero tra i presenti, senza che nessuno si fosse mosso ancora. Poteva, dunque, sdoppiarsi, pensai... ero invaso dal mistero. Le persone cadevano in ginocchio ai suoi piedi, mentre io mi sentivo attratto da uno strano odore, sobrio, riposante, leggero, delicato. Era quello che si chiama l'odore di santità? In fondo, era proprio pos­sibile.

Quell'uomo mi aveva trasformato. Non avevo pensa­to nemmeno per un momento a guardare le sue stigma-te. Non è possibile avere delle curiosità quando ci si av­vicina  a Padre Pio.  Si  sentiva che  era  tutto  intriso  di santità, di potenza divina. Non c'era modo di avere dei dubbi: era certamente l'essere che Dio aveva scelto per concedergli le piaghe di suo figlio.

Quando lasciai la sala, tremavo e piangevo. Ho dovuto rifugiarmi nell'auto per sfuggire alla curiosità della folla. Po­chi istanti dopo, m'invase un'immensa pace che non m'ha più abbandonato. È una serenità non soltanto dell'anima, ma anche del cuore e del corpo. E io credo che questa pace sia la cosa più straordinaria che l'uomo possa conoscere. Non vi è certo felicità più vera, più completa, e, in ogni caso, non c'è nulla di più giusto.

Ritornato all'albergo dove si vendevano cartoline, me­daglie, e oggetti diversi che riguardavano Padre Pio, acqui­stai un libro che narrava la sua straordinaria vita. Scorrendolo, fui sorpreso nel vedere che Padre Pio, infatti, poteva sdop­piarsi ed emanare un odore di santità, percepibile a coloro che sono toccati dalla sua grazia o miracolati. Basta leggere l'opera scritta magistralmente da Maria Winowska, « II vero volto di Padre Pio », pubblicata da Arthème Fayard, per con­vincersi che ci troviamo di fronte ad una manifestazione del Cristo.

Tutto ciò è molto inquietante. Ciò che io ho vissuto a San Giovanni Rotondo resterà per me la prova vivente che una forza suprema ci guida e, in conseguenza, guida anche i nostri destini. Vedere ed avvicinare Padre Pio è vedere il Cristo, di cui aveva il volto. Era inoltre vedere un'anima cal­da e luminosa che sapeva diffondere la purezza e la verità e che soffriva per tutti i mali dell'umanità.

Ma, per me, fu anche un'altra cosa. Prima di conoscere Padre Pio, io ero forse un po' troppo orgoglioso di me stes­so. Privilegiato dalla natura e dotato di quel sesto senso che è la veggenza, mi sentivo talvolta superiore agli altri. La stampa, la radio, la pubblicità fatta attorno a me e ai miei doni di profeta, tutto ciò lusingava il giovane che ero. La gente che mi avvicinava si diceva colpita dalla mia semplicità. Ma in me, io sapevo bene che qualche vol­ta non restavo insensibile a certi effetti di una gloria un po' troppo rapida. Quando non avevo che ventinove anni, la stampa parlava di me come di un fenomeno. E, la na­tura dell'uomo essendo quella che è, riesce troppo difficile sfuggire alle parole d'elogio.

Oggi, tutto è cambiato. Avvicinandomi a Padre Pio, ho ricevuto la più bella lezione d'umiltà che un « veg­gente » possa ricevere. Ho preso coscienza di non essere nulla a fianco a lui.

So bene che si dice che la veggenza è un dono di Dio, ma di fronte a Padre Pio, io, che cosa rappresento? Non è che io mi senta come diminuito, ma quanto è in­significante la mia vita, paragonata alla sua!

Padre Pio, con un solo sguardo fisso su di me, m'ha dato ciò che è più difficile ottenere: la pace, la pace pro­fonda. Sento in me delle forze nuove ed anche un nettis­simo aumento delle mie facoltà di veggenza. È innegabile. La mia chiaroveggenza migliora di giorno in giorno, lo con­stato io stesso. Tutto è più netto, più preciso, più com­pleto. D'altra parte, io sono più disteso, le immagini del­la veggenza mi arrivano facilmente, senza concentrazione. Forse ho trovato il segreto che consiste nel migliorare gra­zie ad una pace intcriore, intensa e continua. Talvolta me l'auguro troppo. Mi domando se ho davvero il diritto di crederci, di dimostrare che ho troppa fiducia nella mia stella. Ma da quando ho incontrato Padre Pio, posso ben dire che vivo pienamente felice con Dio.

Al principio del 1968, in diversi giornali francesi, ho annunciato la morte di Padre Pio. Volevo incontrarlo un'ultima volta. Il 21 agosto andai di nuovo a San Gio­vanni Rotondo. Ebbi il privilegio di parlargli e di essergli vicino per qualche istante. Come tutti sanno, Padre Pio è scomparso il 23 settembre dello stesso anno.