Renè Laurentin

 

DIO ESISTE  ECCO LE PROVE

 

PIEMME POCKET

 

LE SCIENZE ERANO CONTRO DIO.

OGGI CONDUCONO A LUI. PERCHÉ?  Parte seconda

 

 

2. LA NUOVA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA.

 

Vale la pena comprendere questa nuova fase della scienza, quella che oggi si sta imponendo. Essa sta alla base del successo dei libri di cui parleremo più avanti, i risultati proposti dai quali sono coincidenti: ciò vale per Tresmontant, filosofo della scienza; André Valenta, autore di un bilancio complessivo; Jean Guitton e i fra­telli Bogdanov, nonostante le troppe cose prese a pre­stito (e a cui i tribunali francesi hanno fatto pagare il conto); Trinh Xuan Thuan: la loro fonte; e un recente colloquio d’alto livello tenutosi alla Sorbona.

I libri si moltiplicano, sulla spinta di un’evidenza: la conversione della scienza moderna. Dopo la rivoluzione copernicana dei secoli XVI-XVII, ecco la rivoluzione quantica — al di là del determinismo che lascia traspari­re — e la rivoluzione anti-darwiniana. Darwin spiegava il progresso evolutivo col caso, sosteneva che il più deriva dal meno, e tagliava via molte cose: Dio non ci stava alle spalle, ma di fronte, dal momento che noi stessi aveva­mo imboccato la strada per sostituirci a Lui. Ossia: lo zero è proiettato verso l’infinito, il superuomo dell’av­venire non avrà altro Dio che se stesso.

Oggi, queste illusioni stanno venendo meno, essendo il nostro universo programmato da un’intelligenza che sorpassa l’uomo.

 

 

Postulati messi in discussione

 

Nel suo primo stadio, la scienza moderna aveva com­piuto dei passi in avanti grazie ad alcuni postulati sem­plificatori. I postulati sembravano evidenze: in geome­tria non si può tracciare che una sola retta tra due pun­ti. Oggi, però, esistono geometrie non euclidee nelle quali è possibile tracciarne più d’una, o un numero in­finito, grazie alla curvatura dello spazio.

Ora, i calcoli di queste geometrie paradossali rendo­no ragione della realtà, spiegando cose che sembravano inspiegabili.

Il determinismo (altro postulato fecondo) fondava ugualmente una visione delle cose in modo semplice e rigoroso.

E' opportuno cominciare da questi postulati, poiché per penetrare nella verità, occorre pagare il prezzo della semplificazione. Analogamente non è possibile fare un foro profondo se non limitando il diametro della trivel­lazione.

Ma questa duplice semplificazione implicava anche una duplice deformazione del reale. Da qui il meccani­cismo e il riduzionismo.

Infatti:

1) questi postulati intendevano il mondo come un grande meccanismo, dove erano assenti sia il libero ar­bitrio, sia la creatività;

 

2) d’altra parte, secondo il metodo inventato da Car­tesio, il tutto veniva spiegato dalla somma delle parti, il più dal meno, l’uomo dall’insieme delle sue cellule.

 

A ogni livello, questa visione riduzionista dell’univer­so portava al materialismo:

 

a) A livello fisico. L’universo si era formato a partire dagli atomi. Era senza inizio né fine.

 

b) A livello biologico. Secondo Darwin, la nascita della vita e il cammino evolutivo si spiegano col caso e coi vantaggi della selezione naturale.

 


c) A livello umano. Il pensiero si spiegava con la complessità delle interazioni neuroniche.

 

Le meraviglie di questo mondo erano nate da un nuovo Dio creatore: il caso.

 

 

Lo scientismo squalificato

 

All’inizio del XIX secolo, la scienza, già inebriata dalle sue prime scoperte (l’elettricità, i motori, le mongolfie­re, ecc.), formulava ipotesi terribilmente semplicistiche, con la presuntuosa speranza che tutto si poteva spiegare in modo semplice e meccanico. Lo scienziato Laplace, a cui Napoleone chiedeva il parere sull’esistenza di Dio, rispondeva: «Sire, non ho bisogno di questa ipotesi».

La sola ipotesi seria era l’assoluto determinismo, che inquadrava la scienza nell’ambito del rigore. Essa veni­va da lontano. Nel V secolo a.C., il filosofo greco Demo­crito avevo fondato il primo sistema meccanicistico e atomista: il mondo è formato da atomi che si combina­no costantemente fra loro, diceva. Secondo il poeta Lu­crezio questi atomi precipitavano in caduta libera, a ve­locità costante. Alcuni di essi erano caratterizzati da un clinamen (inclinazione, sterzata): non so quantificare ta­le piccolo scarto. Oggi si direbbe di proporzioni infini­tesimali. In tal modo i predetti atomi si erano man ma­no aggregati, formando così il cosmo nello spazio infi­nito. Secondo teorie sempre più approfondite, che si ri­fanno a questo modello primitivo, il mondo non è che materia: un meccanismo di atomi il cui aggregarsi e combinarsi creava, di volta in volta, l’universo e il suo ordine, la vita e la sua evoluzione.

Il cervello umano, fornitissimo di neuroni ben organiz­zati, partoriva il pensiero e la libertà. «L’uomo non ha più nulla da spartire con lo spirito. Gli è sufficiente essere l’uomo neuronale» (cioè il prodotto del suo sistema ner­voso), diceva il professor Changeux.

Questo universo determinista, nella misura in cui era totalitario, era anche scoraggiante. La scienza si dimo­strava efficace quando riduceva il suo approccio alla ma­teria, con l’intento di afferrarne i meccanismi. Ma aveva disilluso il mondo. Esso era solo un meccanismo. Reli­gioni e filosofie risultavano inutili. Dopo la religione, che era solo mitologia, e la filosofia, solo vana astrazio­ne, l’era della scienza positivista dava loro il cambio, portando finalmente soluzioni concrete ed efficaci.

La speranza geometrica, fondata sull’avvenire di una scienza basata sul numero, era però meno sicura, e anche meno rigorosa di quanto essa stessa non pensasse. Augu­ste Comte, che aveva inventato la legge dei tre stadi (mi­tologico, metafisico e, infine, scientifico-positivo che aboliva gli altri due), sentiva così bene il vuoto che tale visione delle cose lasciava dietro a sé, da indurlo a farsi pontefice di una nuova religione (senza prospettive).

Se il materialismo sopravvive, il suo trionfalismo è  scomparso. Le sue belle promesse, che cingevano con

un’aureola l’inizio del XX secolo, sono ormai fuori gioco.

 

 

E POSSIBILE UNA FORMULA DELL UNIVERSO?

 

 

Qui prendiamo posizione contro le ingenue utopie dello scientismo d’inizio secolo. Vengono tralasciati i tentativi di Einstein di unificare in una formula le due forze conosciute dell’universo:

 

   1. La gravitazione universale, resa nota da Newton nel 1687;


2.  L’elettromagnetismo, di cui James Maxwell for­nisce tutte le equazioni nel 1864.

 

Ma, dopo, si sono scoperte altre forze fondamentali:

 

3. L’interazione forte (nucleare), responsabile della coesione dei costituenti del nucleo dell’atomo: protoni e neutroni;

 

4. L’interazione debole, responsabile della disinte­grazione dei neutroni, che dà luogo alla radioattività Beta dei nuclei. E stata formulata nel 1936 da Enrico Fermi, Nobel. per la Fisica 1938 (neutrini, ecc.).

 

Il problema dell’unificazione è così diventato estre­mamente complesso, dal momento che queste due for­ze si manifestano a livello atomico (microscopico) e so­no dunque descritte dalla fisica quantica; mentre la gravitazione si manifesta a livello macroscopico, che obbedisce alla relatività generale.

Ora, la fisica quantica e la relatività generale non pos­sono — alla luce delle nostre attuali conoscenze — essere unificate. La soluzione attualmente più probabile sareb­be quella di un universo a undici dimensioni, di cui solo quattro ci sarebbero accessibili: essendo le restanti sette ripiegate su se stesse; si stanno cercando altri modelli, più strani ancora. Non è possibile costruire una teoria sull’intera realtà che elimini il mistero del mondo. Allo stato attuale delle conoscenze, una tale teoria dovrà sem­pre lasciare il posto all’esistenza di altre dimensioni.

Si continua a cercare la formulazione unitaria delle quattro forze conosciute. Ma si riuscirà a imboccare que­sta strada che sorpassa ogni immaginazione? E possibile, ma a un livello sconcertante, che non eliminerà il mistero dal mondo e che può renderlo ancor più sbalorditivo (André Valenta, La passion de connaitre l’univers, la vie, l’homme, l’esprit, Rocher, Paris 1991, pp. 150-163).

 


La scienza ci offre sicuramente vantaggi, ma non la felicità. All’inizio del XX secolo, pensava di porre fine alle guerre, e questo è stato il secolo delle due prime guerre mondiali, le più sanguinose (sperando che se ne scongiuri una terza); è stato il secolo dell’equilibrio fondato sul terrore e sulla corsa agli armamenti: in cre­scita fino ai primi anni Ottanta. I conflitti fra le etnie si moltiplicano. Gli strumenti offerti dalla scienza li ren­dono più terribili. La ricchezza dei mezzi fa essere gli uomini più avidi, Il tasso dei suicidi ha battuto ogni re­cord. I progressi della scienza hanno permesso non solo i progressi della guerra, ma anche quelli della persecu­zione, come nei campi di sterminio nazisti e nei Gulag dell’ex Unione Sovietica, i cui orrori hanno superato ogni immaginazione.

L’ultimo profeta della grande illusione scientista, Mo­nod, non si muoverà più nell’entusiasmo, ma in un gla­ciale disincanto. Salvaguardava una visione semplice con una teoria affascinante, costruita su misura per spie­gare l’universo. Il mondo si è costituito grazie al gioco del caso nella necessità del determinismo, diceva. In ogni istante, a ogni livello, il determinismo richiama al­l’ordine gli accidenti che spingono in avanti il progresso. In modo infinitamente più brillante, e nutrito di conqui­ste scientifiche, c’è sempre il vecchio schema di Demo­crito: il suo clinamen. Il caso aveva la stessa funzione nel sistema determinista di Monod. In questa prospettiva, l’uomo non era nulla, un risultato del caso. Era determi­nato dai suoi geni. Si tentò, ad un certo punto, di iden­tificare il gene dell’intelligenza, o anche quello del crimi­ne. Ogni ombra di mistero sarebbe sparita presto dal mondo. Una semplice formula sarebbe stata in grado di spiegare ogni cosa, ivi compreso l’avvenire, determi­nato dal gioco delle semplici combinazioni.

Continua…