Renè Laurentin
DIO ESISTE ECCO LE PROVE
PIEMME POCKET
LE SCIENZE ERANO CONTRO DIO.
OGGI CONDUCONO A LUI. PERCHÉ?
4. CONSIDERAZIONI CONVERGENTI
Vediamo
ora da vicino alcune considerazioni emerse, l’una dopo l’altra, in questi ultimi
anni presso gli scienziati, le quali evidenziano fra loro una sostanziale convergenza.
Esse rimandano oltre il materialismo e lo scientismo, verso una trascendenza i
cui termini ci sfuggono. Citiamo solamente le opere più conosciute dal
pubblico e che, in qualche decina d’anni, hanno profondamente cambiato le
opinioni correnti.
Alcuni scienziati
testimoniano
Nel
1989, Jean Delumeau — professore
al Collége de France — ha scritto la prefazione a una serie di testimonianze spontanee
rilasciate da scienziati del più alto livello, circa l’accordo e le convergenze
che essi coglievano fra la loro ricerca e la loro fede.
Ecco
qualche esempio.
Jean Dorst, professore di zoologia
dei mammiferi e degli uccelli, già direttore del Museo nazionale di Storia
Naturale:
«Sono totalmente convinto che alcune
delle acquisizioni della scienza contemporanea, e senza alcun dubbio di quella
di domani, non smentiscono nessuna verità della nostra fede... Non si tratta,
beninteso, di far coincidere le une con le altre per mezzo
di faticose contorsioni; si tratta, meglio ancora, di illuminare le une con le
altre. (...)
L’ecologia indica come il diverso assortimento delle specie non si è costituito a caso, ma che
procede, invece, da un ordine prestabilito. Certamente, non è il caso di far
intervenire un Deus ex machina. Non meno evidente appare l’ordine che riscontriamo nel mondo vivente, che
questo ha ricevuto da una potenza superiore. Io, chiamo tale potenza Dio. E a
questo livello che fede e verità scientifica entrano in contatto diretto.
Lungi dal contraddirla, la prima completa la seconda, fornendo gli elementi per
una comprensione semplice del nostro universo. Il costituirsi del mondo
vivente, nel corso di qualche miliardo di anni, non è concepibile senza un
disegno, ed è anche questo fatto che mi spinge ad ammettere l’esistenza di una
potenza superiore».
In
conclusione, Jean Dorst ricorda la risposta del suo maestro di biologia a una delle
sue studentesse: «Sì, signorina, ho incontrato Dio, proprio dove lei non lo incontrerà
mai... al vertice della scienza!».
Jacques Arsac, professore di programmazione informatica,
fondatore e direttore del centro di calcolo dell’Osservatorio di Maudon:
«Il problema è quello di sapere se
c’è qualcosa oltre ciò che la scienza è in grado di descrivere. Se non c’è
nulla, allora la scienza dice a tutti (...) che la fede è vana.
Ma la scienza non è in grado di
trattare questo problema, perché essa non ha la capacità di accedervi.
L’informatica non è in grado di cogliere il significato delle parole. Non può
parlare di esso. Non sa neppure che esiste, non è di sua competenza.
L’esistenza del significato è una questione che viene posta all’uomo, non alla
scienza. La risposta non può essere data dalla scienza, che prescinde dal credere.
(...) Il credere è un atto libero, non un’imposizione».
André Lichnerowicz, professore al Collége
de France, docente di fisica matematica, membro della Pontificia
Accademia delle Scienze:
«Il discorso scientifico non può
uscire dal suo ambito senza perdere la sua specificità e, in quanto tale, non
ha nulla da dire sul perché delle cose. (...)
Tutto quello che possiamo affermare
senza cadere nella bestemmia, è che l’atto creatore di Dio non può che essere
un atto d’amore, il quale scaturisce tra il Padre e il Figlio. L’amore
richiede l’altro, un altro sufficientemente libero, che possa amare ed essere
amato.
La creazione è nata — e nasce — dall’amore di
Dio, non dal Nulla esterno e antecedente, che altro non potrebbe essere se non
il fantomatico pensiero di un’assenza...».
Fallimento dello scientismo secondo André Valenta
André Valenta, grande appassionato degli studi scientifici, nella relazione
seguita all’incontro con alcuni ricercatori di altissimo livello, ha redatto,
con vero genio didattico e pedagogico, un bilancio delle scienze: fisiche,
biologiche, umane. Nel momento in cui la crescente specializzazione separa le varie
discipline, parecchi specialisti, premi Nobel compresi, hanno scritto la prefazione, accolto benevolmente o
apprezzato questa sintesi, capace di presentare, in un
momento chiave, una visione d’insieme
chiarificatrice.
La conclusione principale di questo libro (a cui siamo
debitori) è così riassumibile: la nuova fase che la scienza sta vivendo, ritrova, a livello del mondo, il mistero,
il quale si apre poi su quello del Creatore. Lo scientismo e il materialismo hanno fatto il loro tempo. Essi
pensavano di giungere alla chiarezza
grazie a un materialismo geometrico; il mistero, invece, quasi immediatamente si è rifatto vivo. Lo
studio del cosmo ha smentito le classiche
previsioni. Il mondo non è in grado di fornire, da sé, la sua spiegazione.
Secondo
lo studio metodico di Valenta, la scoperta-chiave è quella dei quanti. Dopo il
1900, tale scoperta ha progressivamente sviluppato, in modo consequenziale, le sue premesse malgrado le resistenze dei massimi
esponenti del determinismo classico.
La novità consiste in questo: il mondo non è tenuto insieme
da un solo elemento, ma è composto da particelle di energia discontinua. La scoperta del quanto (la più piccola
frazione di materia), ha così trascinato la scienza verso nuove sorprese.
Infatti, nel 1905, Einstein spiega che la luce,
seppure costituita di onde, è allo stesso tempo composta anche di particelle
che saranno chiamate fotoni. La luce sarà dunque «corpuscolare». Ma, nel 1923, Louis de Broglie
lancia un’altra ipotesi alternativa a questa e, alla fine, complementare:
sebbene composta da corpuscoli, la materia è anche composta di onde: cosa
che Davisson e Germer confermeranno
sperimentalmente a partire dal 1926. In tal modo, materia e luce appaiono, allo
stesso tempo, come onde e corpuscoli.
Onda o/e corpuscolo?
Questa ambiguità ripropone, in nuovi
termini, il vecchio problema dei Greci: il mondo è continuo o discontinuo? Uno
o molteplice? Dal dilemma è impossibile uscire. L’universo è discontinuo a
livello di particelle (quanti), e continuo a livello di onde.
Il paradosso di fondo sta in questo: mentre nell’infinitamente
grande tutto è calcolabile e prevedibile a livello matematico e geometrico — come del resto aveva
confermato la relatività di Einstein —, ecco che l’infinitamente
piccolo sfugge a questa trasparente semplicità.
La legge universale della gravitazione, scoperta da
Newton, aveva fondato la certezza della scienza determinista, sicura di avere
trovato la chiave del sapere assoluto e della assoluta previsione. Ed ecco questa
certezza sparire.
L’infinitamente piccolo è imprevedibile. L’osservatore
non si trova di fronte a una vetrina. Egli è sempre soggetto attivo, ci dice la
fisica quantica. Influenza ciò che osserva, come lo spettatore influenza il
palcoscenico (e gli attori sanno bene che ci sono sale buone e altre meno buone...). Ma, in fisica, è diverso,
non essendo la partecipazione di natura emozionale. Essa attiene, invece, alla
solidarietà e alle misteriose connessioni di tutte le cose. Stando alla
«relazione di indeterminazione» di Heisenberg, non è possibile osservare con
precisione, ad un tempo, la posizione e la velocità di
un elettrone.
Ci si trova di fronte a un mondo velato, inaccessibile,
misterioso. Che squalifica la visione di Renan e dello scientismo, che era
semplicistica.
D’altra parte, la fisica quantica evidenzia l’inseparabilità
di due particelle non appena sono state legate in uno stesso
sistema, e questo indipendentemente da ogni possibile influenza secondo le leggi della meccanica classica. Il che
rende evidente un altro tipo di causalità (non spiegata).
Einstein, il padre della relatività, aveva reagito contro
queste conclusioni, che rimettevano in questione i fondamenti
stessi della scienza acquisita, nel famoso rapporto EPR del 1935.
Ma
nel 1983, le esperienze di Alain Aspect, smentirono le ipotesi di Einstein, e confermarono i paradossi della meccanica
quantica (cfr. sopra, p. 36).
La nuova fisica la si costruisce oltre il determinismo.
La spiegazione dell’evoluzione con un determinismo meccanicista (caso e
selezione naturale del migliore) viene, parallelamente,
smentita.
Valenta fa vedere molto bene come questo ritorno al
mistero suoni il rintocco funebre a ogni materialismo:
scientismo e marxismo.
Il materialismo scientista viene contraddetto da nuove inconfutabili constatazioni.
Il materialismo marxista se la cava meglio, dal momento
che suppone un oscuro dinamismo della materia, e in tal modo, esso si fornisce
del principio di cui aveva bisogno per spiegare la realtà.
Certo, la scienza matematica, calcolabile, è preziosa. E
capace di identificare e utilizzare gli splendidi meccanismi di questo mondo.
Ma non può né rendere ragione della loro esistenza né reinventarli.
Mantiene la sua efficacia a livello
esteriore, ma non saprà mai stabilire un principio d’ordine interiore; essa non
creerà mai un’automobile o un prototipo d’aviazione.
Il
mistero del mondo e il suo dinamismo finalizzato
si aprono su una causa trascendente, la
quale non può essere che infinitamente superiore all’uomo.
Certo, la scienza, coi suoi metodi matematici ed empirici,
non è il mezzo con cui esplorare questa trascendenza d’ordine spirituale: Dio.
E neppure il pensiero razionale e la libertà. Essa invece, postula questo oltre
la materia: un ambito qualitativo, irriducibile al quantitativo, spirituale e
non più materiale (anche se la materia è molto meno materiale di quanto
l’immaginava la fisica classica, essendo oggi risaputo che essa è onda e
flusso. Ma la scienza dei flussi resta quantificabile).
In breve, al di là delle illusioni scientiste, la
meccanica quantica conduce a una certezza indiscutibile: il comportamento
fondamentale della materia non è alla portata dell’intelligenza
né della ragione dell’uomo. Ora, si ha la prova scientifica che è impossibile
conoscere il segreto della natura. Il frutto dell’albero della scienza non
conduce — secondo l’espressione biblica — alla conoscenza assoluta «del
bene e del male» (Genesi 2,9. 17; 3,5.22); si tratta solo di un umile appressarsi a un mistero
impenetrabile. Da esso l’ordine, la coerenza e la bellezza — sullo sfondo di
una irriducibile incoerenza — postulano Colui che possiede il segreto più profondo e
l’intelligenza ultima, a un livello che ci sorpassa e ci sorpasserà sempre. Per
quanto promettente sia l’avvenire della ricerca scientifica.
Trinh Xuan Thuan: come l’astrofisico vede Dio
Astrofisico americano d’origine vietnamita, Trinh Xuan Thuan arriva a Dio seguendo
un cammino personale, per mezzo dei suoi calcoli scientifici. L’universo — ci insegna — dà vita a un equilibrio
dinamico che…………….