Renè Laurentin

 

DIO ESISTE  ECCO LE PROVE

 

PIEMME POCKET

 

Trinh Xuan Thuan:

come l’astrofisico vede Dio

 

Astrofisico americano d’origine vietnamita, Trinh Xuan Thuan arriva a Dio seguendo un cammino per­sonale, per mezzo dei suoi calcoli scientifici. L’univer­so — ci insegna — dà vita a un equilibrio dinamico che sorpassa ogni macchina e qualsivoglia meccanismo, con un grado di autoregolazione di livello completa­mente inimmaginabile a priori. La scienza può misu­rarlo e valutarne la perfezione; essa però, non sapreb­be creare nulla di simile.

Nel suo libro La mélodie secrète (Fayard, 1988) egli dimostra tutto ciò in modo metodico, seguendo percor­si del tutto nuovi. Utilizzo qui il suo intervento sul «Fi­garo Magazine», 1991, pp. 142-143, dove riassume sin­teticamente la sua posizione in questo modo:

 

a) L’universo avrebbe potuto avere una, due, tre o quattro, o un’infinità di dimensioni. Ma solo l’universo a tre dimensioni poteva essere duraturo e perfettibile.

b) Allo stesso modo, la concentrazione dell’universo è regolata in modo ottimale. Un mondo più o meno con­centrato, non avrebbe permesso la nascita della vita o la presenza dell’uomo. Un mondo più concentrato, infat­ti, ove pianeti più piccoli avrebbero potuto essere più vi­cini a un sole più piccolo, non avrebbe condotto a niente. E un mondo meno concentrato, con maggiore distanza fra pianeti più grandi, sarebbe risultato sterile e freddo.

c) E questo, conseguentemente, vale per tutto ciò che compone l’universo.

 

L’astrofisico americano, tuttavia, ammette che que­sto ragionamento matematico non è una prova assoluta dell’esistenza di un «Architetto» del mondo, a cui si de­ve questa straordinaria regolazione. Ma, se si rinuncia a tale ipotesi, si cade in una situazione tanto complicata da essere senza via d’uscita e irrazionale. Stando a Jugh Everett, bisognerebbe immaginare un’infinità di uni­versi paralleli. S’impone dunque una scelta: tra senso e non senso, tra coerenza e incoerenza, fra trasparenza e opacità, fra disperazione e speranza.

 Trinh è cosciente dei limiti del mezzo scientifico poiché, se è vero che po­stula Dio, è pure vero che non lo dimostra né giunge a questi per via matematica. La conoscenza di Dio passa, in ultima analisi, attraverso una libera scelta dell’uomo. L’articolo di Trinh Xuan Thuan è un bel poema scien­tifico, che nasce dallo stupore di fronte all’«armonia» del cosmo. Per quanto concerne l’universo, egli, supe­rando il disincanto di Monod, perviene felicemente a un re-incanto. Questa non è che una scelta soggettiva. Però, è anche una scelta ragionata e ben fondata: tra il nulla e l’essere, tra il caos e l’ordine che prevale, tra l’assurdo e Dio, fonte di coerenza e di esistenza. Al di fuori di ciò, non c’è che follia e malvagità. Dunque, tale scelta si impone da sé.

Tuttavia, Trinh, di cultura asiatica e buddhista, non giunge a distinguere Dio dall’universo. Rimane impan­tanato in una prospettiva monistica ove tutto sarebbe Dio, benché i suoi argomenti conducano piuttosto all’i­potesi di un’intelligenza indipendente e personale.

 

 

I frateffi  Bogdanov (1991):

il realismo scientifico postula Dio

 

Geniali divulgatori, i fratelli Bogdanov, hanno mo­strato — dialogando con le intuizioni del filosofo Jean Guitton — come le più importanti novità scientifiche ri­sultino fatali al materialismo e postulino Dio. Il loro li­bro4 propone un percorso affascinante, ed è giunto pro­prio al momento giusto. Nel 1992, in Francia, fu il mag­gior best-seller, con più di 400.000 copie vendute.


Le intuizioni di Jean Guitton, che li aiutava, hanno saputo far comprendere come l’inverosimile storia del­l’universo e le sorprese prodotte dal progresso della scienza, conducono, in modo evidente, a un «messag­gio segreto». Tale messaggio, richiede un «autore», che ha posto in questo meraviglioso e straordinario uni­verso un’immagine di se stesso (p. 195).

Tuttavia, la prefazione e le conclusioni dei libro — ve­ramente ben fatto — lasciano perplessi.

Certo, si è in sintonia coi loro progetto. Essi, infatti, vogliono superare il conflitto fra quello che chiamano spiritualismo e il materialismo (p. 17), grazie a un reali­smo a cui, per farla breve, danno il nome di meta-reali­smo, il quale vuole superare il dualismo tra spirito e ma­teria.

Però: quello che i Bogdanov chiamano spiritualismo, in realtà è piuttosto da intendersi come idealismo.

Lo spiritualismo, infatti, stando al vocabolario filoso­fico di André Lalande (torno 2, p.793) è «la dottrina secondo cui esistono due sostanze radicalmente distinte per via dei loro attributi, di cui l’uno, lo spirito, ha co­me carattere peculiare il pensiero e la libertà; mentre l’altro, la materia, ha per carattere peculiare l’estensio­ne e la comunicazione totalmente meccanica del movi­mento o dell’energia». Dunque lo spiritualismo ammet­te, senza ombra di dubbio, l’esistenza della materia. Non la nega. Al contrario: si tratta di un realismo che ammette la tensione tra questa e lo spirito.

In realtà, l’opposizione radicale che i fratelli Bogda­nov colgono nel loro libro, è quella fra l’idealismo e il materialismo. Dal momento che sono queste due sem­plificazioni omologhe che si oppongono. L’idealismo rigetta la materia riducendola a spirito. Il materialismo, rigetta lo spirito riducendolo a materia, di cui sarebbe un epifenomeno. Dunque, idealismo e materialismo so­no diametralmente opposti. Sembrano anche l’uno an­titetico all’altro. Ma, in realtà, sono «due contrari in uno stesso genere», come diceva Aristotele. Così essi stanno l’uno accanto all’altro come due fratelli nemici; o piuttosto, come un padre e un figlio nemici, in quanto il materialismo moderno è nato dall’idealismo. Feuer­bach ha costruito il suo materialismo come un realismo, in opposizione a un idealismo che rifiutava la materia. Ma questa reazione, che ha le sue giustificazioni, è stata portata all’eccesso: contro quelli che negavano la mate­ria in nome dello spirito, Feuerbach ha negato lo spirito in nome della materia. Ha semplicemente rivoltato l’i­dealismo come un calzino, senza cambiarne la struttura di fondo. E Marx ha conservato l’intera dialettica idea­lista di Hegel: tesi, antitesi, sintesi (borghesia, proleta­riato, rivoluzione); il che evidenzia la parentela fra que­sti due filosofi, che stanno l’uno contro l’altro e, con­temporaneamente, camminano insieme.

Non è casuale che i fratelli Bogdanov abbiano oppo­sto, non senza mancanza di logica, lo spiritualismo al materialismo, dato che la loro intenzione è senz’altro quella di superare uno spiritualismo che ammette, se non un dualismo, almeno una differenza specifica fra spirito e materia. Come già l’idealismo, essi negano la specificità della materia e ricadono in un’ambigua con­fusione fra la materia e lo spirito.

L’ambiguità tocca il suo culmine nel capitolo 6, inti­tolato Lo spirito nella materia. Quest’ultima, che consi­ste essenzialmente in onde di energia, sarebbe, per tale motivo, spirituale. Qui viene seguita una linea nuova e originale che parte dalla materia stessa, nella semplifica­zione idealista che nega proprio la materia. Per i fratelli Bogdanov (che rimangono in una posizione ambigua), la materia, al limite, sarebbe già spirito, a immagine e somiglianza di Dio Creatore, e lo spirito sembrerebbe emanare dalla materia come il suo supremo compimen­to. Pur non fornendo adeguata spiegazione in proposi­to, identificano in modo indebito spirito e materia. Cer­to, la loro idea, come del resto tutte le idee, ha un fon­damento e un nucleo di verità5: materiale e spirituale sono tra loro apparentati per mezzo di un continuo di­venire nella durata (con cui sono intimamente implica­ti), nonché attraverso una reciproca comunicazione e interazione. Non c’è però identità, in quanto le onde materiali posseggono un’energia che si può calcolare. Questa caratteristica, invece, non appartiene per nulla allo spirito. Non è possibile tradurre in numeri la crea­tività, e neppure la libertà: quella, ad esempio, di Fle­ming, di Einstein o di Bergson, oppure di san France­sco  d’Assisi e di Madre Teresa.

In «Nova et Vetera» (la rivista fondata dal card. Journet, gennaio 1992, pp. 64-70), J. Kaelin arriva a de­nunciare, nell’opera dei Bogdanov un miasma di gno­sticismo, se non di monismo. Ciò, in quanto Dio e l’e­nergia della creazione sembrano essere fusi in una sola realtà: «L’oceano d’energia illimitata, è il Creatore», af­fermano (pp. 51-52, ecc.). Guitton sfugge senza dubbio a questo rischio, seducente e temibile, verso cui lo spin­gevano i suoi interlocutori-redattori. Ma, nonostante ciò, questo libro brillante e intelligente, risulta alquanto rovinato da questa ambigua confusione a proposito della materia e dello spirito, che apparenta il meta-reali­smo dei Bogdanov all’idealismo. Sono dei realisti un po’ come lo era Feuerbach, per legittima reazione. Tut­tavia, proprio come lui, cadono anch’essi vittime di una nuova riduzione.., capovolta: Feuerbach riduceva lo spi­rito a materia; i Bogdanov riducono la materia a spirito.

Bisogna decisamente accettare il realismo integrale, che implica una tensione necessaria tra la realtà mate­riale (traducibile in numero, calcolabile) e la realtà spi­rituale (qualitativa) della nostra intelligenza e della no­stra libertà, che è capace di amare a immagine di Dio. In questa prospettiva realista, e solo in essa, l’uomo è veramente uomo. La nostra ineluttabile esperienza di uomini ci dice che, quella della scienza come quella del credente, è la costante tensione tra materia e spirito. Lo spirito umano, che possiede la capacità di conosce­re, affronta la materia fin dentro la sua carne. Questo accade, poiché essa non sta solamente di fronte a noi come un oggetto esterno, ma sta dentro di noi, che siamo corpo, il quale è il mezzo con cui l’uomo prende coscienza di sé e di tutte le cose. Egli si dibatte nel pun­to d’intersezione fra la materia (il suo corpo) e Dio (che lo ha creato persona, a sua immagine). Di più: il suo spirito informa e organizza questa materia.

L’uomo, dunque, snatura se stesso quando dimenti­ca uno di questi due poli. Si rinnega, se vuole ridurre se stesso a materia — stando con Marx — o allo spirito —stando con l’idealismo. Non siamo bestie, ma non sia­mo neppure angeli. Dio ci ha fatto il dono di regnare su un universo materiale, di cui siamo i beneficiari. Ed è per questa via (quella da Lui seguita nell’Incarna­zione), che Dio fa di noi i suoi amici e i suoi fratelli: per giungere all’assoluta felicità in Lui. Ma questo, già anti­cipa quanto poi seguirà.

 

4-       Grascia Bogdanov - Igor Bogdanov - Jean Guitton,  Dio e la scienza  Bompiani, 1992 (N.d.T.)

 

5- Riconosciamo la complessità del problema, vista la parentela e la simbiosi del­lo spirito e della materia, in quanto il corpo umano non è materia, bensì materia informata, unificata, resa dinamica dallo spirito. E questo che rende radicalmente diverso il corpo dal cadavere. Se il cadavere conserva la stessa forma, laddove è pre­servato dalla corruzione grazie a condizioni favorevoli o alla criogenia (congelamen­to), esso non è comunque più un corpo, ma un amalgama, un residuo decomposto.