Tratto da: Le Grandi Profezie  Autore Franco Cuomo

Newton & Compton Editori

 

I sei misteri di Medjugorje   Parte seconda

 

Le "orrende verità" di Fatima

 

Si ha l’impressione talvolta che la Madonna, nel rammaricarsi per la scarsa influenza esercitata dai suoi messaggi finora sull’umanità, metta in conto la mancata rivelazione del “terzo segreto” di Fatima. Significativo nella sua desolante amarezza appare in tal senso ciò che la Vergine confida alla piccola veggente napoletana Teresa Musco, di otto anni, afflitta da una malattia tormentosa, il 30 settem­bre 1951: «Sono apparsa in Portogallo, a Lourdes, a La Salette, dove ho lasciato i miei messaggi, ma quasi nessuno mi ha ascoltato... Ora parlerò con te del terzo mistero di Fatima. Le autorità ecclesiastiche vogliono tenerlo riservato per loro, nessuno vuoi prendersi la responsabilità di renderlo pubblico prima della venuta di Paolo VI [...]. Il papa attuale non osa parlarne poiché il mistero contiene verità orrende».

Sedeva sul trono di Pietro, all’epoca, Pio XII. Sarebbe divenuto papa dopo di lui, nel 1958, il cardinale Roncalli, Giovanni XXIII. Soltanto nel 1963 gli sarebbe succeduto con il nome di Paolo VI il cardinale Montini, e la piccola Teresa non poteva saperlo.

La Signora rinnova in termini più marcati l’avvertimento sulle con­seguenze disastrose dell’indifferenza umana a Heroldsbach, in Germania, il 31 ottobre 1952. Ha per interlocutrici quattro ragazzine tra i dodici e i tredici anni, alle quali è già più volte apparsa in prece­denza. «Non si è voluta ascoltare la mia volontà né quella di mio Figlio», dice loro. «Adesso è troppo tardi perché l’umanità si conver­ta...».

Lascia però una speranza, sia pure in termini di ultimatum: «Questo è l’ultimo appello che rivolgiamo agli uomini». Ma un appello, sep­pure l’ultimo, rappresenta comunque una possibilità di salvezza per chi sa coglierlo.

Le visioni di Heroldsbach furono accompagnate da fenomeni ottici singolari, come la comparsa di una corona di rose (secondo alcuni della Vergine stessa, con il Bambino in braccio) intorno al sole. Spettacolare fu la descrizione che le ragazze diedero dell’ultimo incontro, nel corso del quale Maria fu preceduta da uno stuolo di angeli e vari santi. Tra questi riconobbero Teresa di Lisieux, Bernardette, Gemma Galgani e Antonio da Padova.

L’appello viene ripetuto più volte negli anni successivi, in tono di severo ultimatum, stemperato però da una pietà che induce sempre la Signora a suggerire vie d’uscita.


«Il vaso è colmo, l’acqua trabocca», dice la Madonna nel villaggio spagnolo di Garabandàl, il 18 giugno 1965, a Conchita Gonzàles, una ragazza di una quindicina d’anni che, insieme a tre coetanee, ha di queste visioni fin dal 1961.

Si rammarica che un suo precedente messaggio (sempre a Gara­bandàl, in data 18 ottobre 1961) non sia stato raccolto, e perciò si accomiata dicendo: «Questo è il mio ultimo ammonimento in questo luogo».

Prevale però sulla durezza dell’addio la compassione: «Dovreste davvero preoccuparvi che l’ira divina non crolli su di voi. Se implora­te con animo sincero il perdono, lo avrete... Io vi amo molto e non voglio la vostra maledizione. Siamo giunti agli ultimi avvertimenti...». Succedutesi per cinque anni in un alternarsi di estasi e orrori, verifi­che accurate dello stato fisico e mentale delle quattro ragazze, riscon­tri sulle notizie da loro propalate intorno a fatti che non potevano obiettivamente conoscere, le vicende di Garabandàl  furono definite da Paolo VI «il secondo soggiorno di Maria sulla terra, la storia più bella che sia stata scritta dall’incarnazione di Cristo».

Conchita e le sue amiche poterono vedere oltre alla Vergine i propri angeli custodi. Uno di questi «dimostrava circa nove anni e irradiava una potente luminosità; aveva gli occhi neri, la pelle bruna e i riccioli biondi; indossava una lunga veste azzurra e portava sul dorso ali rilu­centi di un colore rosa chiaro».

Ma videro anche cose tremende, quando l’arcangelo Michele mostrò loro (la notte del 19 giugno 1962) qualcosa di indescrivibile, che si rifiutarono poi di raccontare. Conchita gridò in trance: «E terri­bile! No, questo non lo scriverò!».

Altri testimoni riferirono di avere sentito echi paurosi e voci umane. Furono colte nel trambusto delle frasi concitate, che risuonarono come lamenti:

«Fai morire prima i bambini piccoli!»

«Dai alla gente il tempo di confessarsi!»

Le ragazze, in lacrime dopo la visione, non vollero parlarne con nessuno.

«Abbiamo visto la fine dei tempi», si limitarono a dire più tardi. «E stato terribile, come se fossimo state messe al rogo».

Una profezia analoga venne raccolta in Belgio da un signore molto equilibrato, l’impiegato belga Leon Theunis, di quarantaquattro anni. La Madonna gli apparve nel 1967, durante una vacanza nelle Arden­ne, e poi nella chiesa di Mortsel, dov’egli viveva.

«Gli abitanti della terra saranno annientati», disse Maria. «Solo pochi sopravviveranno... Le città saranno abbandonate, le fondamen­ta della terra scosse».

Di un grande “castigo” in preparazione per l’umanità intera parlò anche ad Akita, in Giappone, nel 1973.


A ricevere la profezia fu una monaca giapponese di nome Sagarawa Katsuko, chiamata dalle con­sorelle suor Agnese.

«L’ira di Dio contro il mondo è ormai accesa», disse Maria, contrap­ponendo però a questa minaccia la sua volontà di salvare comunque il genere umano: «Cerco insieme a mio Figlio di mitigare questa collera del Padre celeste. Perciò mi sono mostrata così spesso nel mondo».

In una successiva apparizione Sagasawa apprese (e trascrisse) di quale tenore sarebbe stato il castigo che era nei piani di Dio qualora l’umanità non si fosse redenta: «.. .Una punizione più dura del diluvio universale, una punizione come mai fu finora. Su questo non ci sono dubbi. Il fuoco cadrà dal cielo e molti uomini moriranno, anche preti e devoti. E quelli rimasti in vita soffriranno tanto da invidiare i morti».

Oltre che nel significato generale, la profezia riporta anche nel lessi­co, come quest’ultima frase ben evidenzia, quanto già detto a Fatima. E ancora una volta lo scenario malefico è mitigato da una strategia d’amore. Maria raccomanda come «unico mezzo di difesa» la recita del Rosario e il segno della croce. C’è dunque la possibilità di salvar­si. E lei, la Madre di Dio, si mostra decisa a esercitare ogni suo pote­re, sugli uomini e sul Figlio, perché ciò accada.

«Se sarà necessario apparirò in ogni casa», dirà nel 1981 a Medjugorje.

 

 

Dieci anni di tempo

 

Ai veggenti di Medjugorje (sei ragazzi tra i quindici e i venti anni:

Marija Pavlovic, Jakov Colo, Mirjana e Ivan Dragevic, Ivanka e Vicka Ivankovic) sono state affidate sei profezie, una per ciascuno di essi. Con una consegna rigida, mai adottata prima di allora in forma così radicale: non rivelarle, nemmeno ai preti e allo stesso pontefice, se non a tempo debito.

Di questi sei segreti si sa soltanto che riguardano il futuro della Chiesa e dell’intera umanità, il culto di Maria ed eventi legati alla vita dei depositari.

A loro la Vergine, presentatasi come «Regina della pace», ha detto anche qualcosa di significativo sul modo di discernere le false profe­zie da quelle autentiche.

«Quelle vere», ha detto Maria, «durano nel tempo; le altre si dimen­ticano. Io mi manifesto quando mio Figlio lo desidera. Il mondo dice che anche altre volte sono apparsa, ma in certi casi è per interesse o fantasia. La verità è a Lourdes, a Fatima, a Garabandàl, a Medjugo­rje, a Roma...».

Ha inoltre contraddetto la diffusa consuetudine di interpretare in una chiave spaventosa le sue predizioni, anche quando all’apparenza preannunciano catastrofi:


«Il popolo ha bisogno di fede, non di timo­re» (28 giugno 1981).

E un’affermazione che offre una nuova possibilità di lettura per i messaggi apocalittici, ricercando e privilegiando in essi gli elementi finalizzati alla neutralizzazione del castigo. Mediante l’adempimento delle condizioni poste dalla volontà divina, ma non soltanto in termini di espiazione, bensì di fede, attribuendo alla preghiera una valenza gioiosa.

In tal senso, il prodigio di Medjugorje rappresenta un’autentica epi­fafania dell’evolversi della tradizione profetica mariana.

E un segnale che ridimensiona il clima di cupa disfatta per l’uomo di fronte alla propria insanabile malvagità, determinando una vera e propria svolta. Perdono così credibilità quei messaggi successivi che, prescindendone, insistono nel riproporre atroci soluzioni finali.

Il che non è valso a limitarne la proliferazione. Se ne sono registrati molti dopo di allora, e la tendenza parrebbe in ascesa con il restrin­gersi del tempo che ci separa dal Duemila.

A Marpingen, in Germania, una profezia di tono insolito per la sua durezza è stata raccolta da un contadino nel 1983. Le parole attribui­te alla Madonna sono piene di risentimento («Il mio messaggio è stato travisato e caduto nel ridicolo...»), recriminazione («Vi ho mostrato l’inferno con i peccatori perduti eternamente, vi ho fatto vedere il più grande di tutti i miracoli, il prodigio del sole...»), rim­provero («I peccati odierni superano tutti quelli del passato per la loro gravità... Trionfa solo la schiavitù del vizio, l’odio, la sconten­tezza, il litigio, la gelosia, l’avidità, il libero amore dei sensi...»), minaccia («Disgrazie e guerre di carattere smisurato vi sorprende­ranno...»), ma soprattutto prive di misericordia, poiché non lasciano vie d’uscita:

«I vostri peccati hanno suscitato l’ira di Dio e provocato due guerre mondiali... Non vi meravigliate se avverranno altre catastrofi... Vi è stato concesso molto tempo per redimervi e migliorare. Non servirà, non avrà più senso chiamare nel momento della sciagura: “Signore, Signore!...”».

Troppi peccati, troppi peccatori al mondo. E una iterazione che mette a dura prova la speranza. Il messaggio viene ripetuto il 28 marzo 1984 in un territorio già devastato da violenza endemica, a Jall-el-Dib, nei pressi di Beirut. Lo raccoglie una ragazza il cui nome suona anch’esso come una premonizione, Jeanne d’Arc Farage, diciottenne come la “pulzella d’Orleans”. All’immancabile annuncio di un castigo catastrofico, però, la profezia fa seguire molteplici suggerimenti per evitarlo: esercizi spirituali, eucarestia, recita del Rosario, vita devota e amorevole nei confronti del prossi­mo.


Apparizioni e profezie di contenuto analogo si intrecciano in quei medesimi anni tra Polonia, Burundi, Ungheria, Stati Uniti, Argentina, Canada, Egitto e altre contrade d’ogni continente. Nell’estate 1985, infine, la Vergine rilancia il suo ultimatum (dall’Irlanda questa volta, in un santuario poco lontano dal convento cistercense di Mont Melieray) ponendo un termine preciso: «Il mondo ha dieci anni di tempo per convertirsi», se non vuole affrontare l’ira di Dio.

In che possa consistere quest’ira i fedeli di Melleray lo apprendono da una spaventosa visione, nel corso della quale alcuni bambini assi­stono a una sorta di nuovo diluvio universale, con annegamenti di massa e dighe spazzate via da irresistibili maree.

«Voglio che sia il popolo irlandese a diffondere il mio messaggio al mondo», dice la Madonna, spiegando la scelta con il suo amore per l’Irlanda, terra devota, meritevole di essere risparmiata.

«Dio è contento dell’Irlanda. L’Irlanda sarà salvata...». Ma riservare solo all’Irlanda tale speranza contrasta con la misericordia di Maria, Madre generosa dei popoli e Regina della pace. Così, a un certo punto, in un empito d’amore, sdrammatizza: «Se la gente si converte e prega, Dio salverà il mondo e l'Irlanda".


C’è posto sotto il suo manto, lascia intendere, per tutti i peccatori della terra. E il rigore di Fatima che si stempera nello spirito di Medjugorje.

 

 

Ratzinger: «nulla di spaventevole» nel messaggio della Vergine

 

Avalla l’interpretazione salvifica delle profezie mariane, con parti­colare riguardo al “terzo segreto” di Fatima, una recente intervista del cardinale Joseph Ratzinger, prefetto per la Congregazione della dot­trina e della fede, al giornalista tedesco Peter Seewald.’

Il cardinale, indicato come «l’unico a conoscere il messaggio di suor Lucia insieme al papa», ha detto che esso non nasconde nulla di particolarmente «sconvolgente» rispetto alle verità predicate dalla Chiesa cattolica, ribadendo quanto aveva già sostenuto in altre occa­sioni, e che cioè le profezie di Fatima ripropongono ciò che Gesù afferma nei Vangeli: «Se non vi convertirete, perirete tutti».

Ratzinger ha precisato che il “terzo segreto” è la sola profezia anco­ra conservata negli archivi segreti di quello che fu il Sant’Uffizio. Ha poi smentito indirettamente l’autenticità del testo a suo tempo divul­gato affermando che finora «non più di tre o quattro persone» ne sono venute a conoscenza. Ha perciò definito illazioni prive di fonda­mento le voci circa il paventato annuncio della terza guerra mondiale. Alla domanda se la lettura del segreto lo ha sconvolto, il cardinale ha risposto con un secco «no». Ha quindi aggiunto che esso non annuncia catastrofi prossime venture e che, leggendolo, non si è tro­vato «di fronte a nulla di particolarmente spaventevole».

Ha infine ribadito ancora una volta che il testo trascritto da suor Lucia «non si spinge in alcun modo oltre quello che è contenuto nel messaggio cristiano in quanto tale».

Le parole di Ratzinger, per quanto rassicuranti in superficie, rischia­no di accrescere l’inquietudine provocata nei fedeli dal veto alla divulgazione del messaggio mariano. Ciò che dice il cardinale, infat­ti, suona in sorprendente contrasto con il parere a suo tempo espresso da Giovanni Paolo II sull’inopportunità di rendere noto il “terzo segreto” a causa del suo terrificante contenuto.

Non si tratta di sfumature, ma di espliciti riferimenti a quanto la Vergine avrebbe annunciato: il papa parla di inondazioni oceaniche e uomini strappati «repentinamente» alla vita, il cardinale esclude qual­siasi cenno a catastrofi prossime venture. La risposta su chi dice il vero è negli archivi vaticani.   ( Fine)