Singolari episodi accaduti durante la vita di Sai Baba di Shirdi, la prima incarnazione di Sri Sathya Sai Baba.
Correva il 1910 e un mattino mi recai a Shirdi per ricevere il Darshan di Sai Baba. Fui alquanto stupito nell’assistere al seguente fenomeno. Dopo essersi lavato la faccia e la bocca, Sai Baba si preparò a macinare del grano. Dispose un sacco sul pavimento e quindi vi depose un mulino a mano. Prese del grano, si rimboccò le maniche e incominciò a macinare. Io pensai: ”Che necessità ha Sai Baba di macinare grano, quando non possiede nulla e non conserva nulla, dato che vive di elemosina?”.
Molti la pensavano come me, ma nessuno aveva il coraggio di chiedere a Baba cosa stesse facendo. Molta gente era accorsa e quattro donne, allontanato Baba, cantando i suoi Lila si misero a macinare in vece sua. All’inizio Baba ne fu risentito ma poi, constatando l’amore e la devozione delle donne, ne fu compiaciuto e cominciò a sorridere.
Mentre macinavano le donne cominciarono a pensare che Egli non aveva casa, non possedeva nulla, non aveva bambini, nessuno a cui accudire, viveva di elemosina e pertanto non aveva bisogno della farina. Essendo lui così caritatevole, forse l’avrebbe distribuita a loro. Così pensando e continuando a cantare, finirono di macinare e, riposto il mulino, divisero la farina in quattro parti uguali. Baba, che fino a quel momento era rimasto calmo, s’infuriò e si rivolse loro dicendo: “Siete diventate pazze? Ho forse chiesto a voi in prestito del grano? Per favore, adesso fate quanto vi dico. Prendete la farina e spargetela lungo i bordi che delimitano il villaggio”.
Ascoltando ciò, le donne si vergognarono del loro operato e fecero quanto era stato loro chiesto. Io chiesi allora agli abitanti di Shirdi perché Baba si fosse comportato in quel modo e quelli mi risposero che un’epidemia di colera aveva colpito il villaggio e questo era il rimedio di Baba. Non era il grano ad essere stato macinato, ma il colera stesso. Era stato polverizzato e posto ai confini del villaggio. L’epidemia scomparve e la gente visse serena.
Fui felice dell’accaduto, però incominciai a chiedermi quale rapporto esistesse tra la farina e il colera. Il fatto però mi parve inesplicabile. Il mio cuore era invaso dalla gioia e sentivo che dovevo registrare questi Lila compiuti da Sai; nacque quindi l’idea di scrivere la vita di Baba: il Satcharita, e, come sappiamo, con la Sua grazia e la sua benedizione, il lavoro è stato portato a termine con successo.
Significato filosofico della macinazione
Oltre al significato attribuito alla macinazione dagli abitanti di Shirdi, noi pensiamo che ne esista uno filosofico.
Sai Baba visse a Shirdi per circa 60 anni e durante tutti questi anni, quasi ogni giorno si dedicò alla macinazione, non soltanto del grano. Egli macinava i peccati, le afflizioni fisiche e mentali e le disgrazie dei proprio innumerevoli devoti. Le due pietre del Suo mulino, erano il Karma e la Bhakti (devozione), il livello più basso e quello più elevato.
Il braccio che faceva muovere il mulino, era Jnana (la conoscenza). Era ferma convinzione di Baba che, la Conoscenza o Realizzazione del Sé non fosse possibile senza aver prima macinato tutti i nostri impulsi, i nostri desideri, i nostri peccati, i nostri tre “guna”: Sativa, Raja e Tama, ed il nostro Ego, così difficile da eliminare. Questo processo ci riporta alla mente un caso simile, quando Kabir, vedendo una donna che stava macinando, disse al proprio Guru: “Piango, poiché immagino di essere macinata da questa ruota dell’umana esistenza”.
Rispose il Guru: “Non temere, afferrati alla maniglia di questo mulino, che rappresenta la Conoscenza e non allontanarti da essa, rivolgiti sempre al Centro, e sarai certa di salvarti”.
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