Tratto da: Le Grandi Profezie 

Autore Franco Cuomo

 

Newton & Compton Editori

 

15. L’ultimo papa

 

Occupa un posto del tutto speciale tra i veggenti medievali l’irlan­dese Malachia, vescovo e santo cattolico, il cui nome in gaelico suona Mael (Malachy) Maedos Ua Morgair (O’ Morgair). A lui si attribuiscono stupefacenti profezie sui papi, che hanno la particolarità di anticipare attraverso uno specifico motto per ciascun pontefice le caratteristiche più salienti del suo pontificato, in riferimento tanto alla sua persona che al contesto generale degli eventi. Alcune sono del tutto ermetiche, e non è possibile dar loro un senso se non attra­verso artificiose interpretazioni, ma nella stragrande maggioranza esprimono un significato compiuto, agevolmente riconducibile al pontefice di cui si parla.

Malachia, vissuto tra il 1094 e il 1148, ne enumera centododici, inclusi alcuni antipapi, a partire dal suo tempo. Il primo è Celestino II, papa negli anni 1143 e 1144. L’ultimo è indicato con il motto Petrus romanus, e stando alla profezia dovrebbe concludere l’arco dei romani pontefici, quindi anche della Chiesa e — secondo remote credenze —della città di Roma. Accresce il senso apocalittico di una simile predi­zione l’esistenza di antichi oracoli, antecedenti di svariati secoli a Malachia, che vincolavano a un unico destino le sorti di Roma e del mondo.

 

 

Finché dura il Colosseo

 

Aveva predetto un altro grande iniziato d’ oltremanica, il venerabile Beda, vissuto quattrocento anni prima, che Roma sarebbe esistita fino a quando sarebbe esistito il Colosseo, e che una volta finita Roma sarebbe finito anche il mondo:

 

Coliseus stabit et Roma.

Quando cadet Coliseum, cadet et Roma.

Quando cadet Roma, cadet et mundus.1

 

 


1 " Il Colosseo resisterà e anche Roma. Quando cadrà il Colosseo cadrà anche Roma. Quando cadrà Roma, cadrà anche il mondo."

 

La fine di Roma (e della Chiesa, dei suoi pontefici) significava dun­que, in quest’ottica, la fine del mondo. Identico vaticinio avevano affidato alla posterità, secondo una tradizione ripresa dalla letteratura cristiana dei primi secoli, le sibille. Lo aveva divulgato il cartaginese Tertulliano, uno degli scrittori più rigorosi dell’Africa cristiana, prima di entrare in rotta con la Chiesa per aderire all’eresia di Montano, che predicava già allora (sul finire del II secolo) un ritorno alla fede delle origini.

La profezia è rimasta viva nell’immaginario popolare romano di ogni tempo. Tant’è che all’inizio di questo secolo le ha dedicato lapi­dari versi un poeta dialettale all’epoca famoso, Luigi (Giggi) Zanazzo, il cui busto annerito orna oggi un angolo dello storico quar­tiere Campitelli, ai piedi del Campidoglio.

 

Quanno er Coliseo crollerà

tutto er monno s’a da scapicollà.2

Versi romaneschi, raccolti postumi nel 1921-23.

Scrisse anche Novelle, favole e leggende romanesche (1907) e Usi, costumi e pregiudizi del popolo di Roma (1908).

 

Lo spaventoso crollo, stando alle profezie di Malachia, dovrebb’es­sere vicino, poiché non c’è rimasto che un solo papa tra l’attuale pontefice Giovanni Paolo II (numero 110 dell’elenco) e Petrus Romanus (112, l’ultimo). Il mistero conclusivo dell’oracolo è dun­que destinato a sciogliersi soltanto dopo la morte del successore di Wojtyla.

E difficile non leggere in senso altamente drammatico l’attribu­zione metaforica del nome Pietro all’ultimo pontefice chiamato anche da certi autori Petrus secundus come a voler necessaria­mente indicare la chiusura di un ciclo inaugurato venti secoli fa dal primo vicario di Cristo. Non si possono infatti ignorare i motivi profondi per cui quel nome non è mai stato ripreso da nessuno dei successori di Pietro. Ma diamo ora all’oracolo di Malachia una scorsa che consenta di rilevare la sconcertante aderenza delle sue definizioni all’immagine storica e umana di ciascun pontefice. Con particolare riguardo agli ultimi, che per la loro collocazione tem­porale rientrano nel grande intreccio escatologico di fine millen­nio.

 

 

I centododici pontefici di Malachia

 

Le sentenze sono ordinate secondo la cronologia dei papi cui si rife­riscono. Non è sempre la traduzione letterale a dare il senso della profezia, ma il richiamo al casato del pontefice e alle sue connotazio­ni araldiche, al luogo d’origine, alle cariche ricoperte o ad altro detta­glio della sua esistenza.

 

1.      Ex Castro Tiberis (Dal castello del Tevere). Celestino II(1143-1144) proveniva da Città di Castello, sul Tevere. Anche il suo nome profano, Guy du Chatel, sottolineava questa provenienza.

 

2.   lnimicus expulsus (Nemico cacciato). Lucio II (1144-1145) apparteneva alla famiglia bolognese dei Caccianemici. Il motto suona come una tra­duzione esatta del casato.

 

3.   Ex magnitudine montis (Dalla grandezza del monte). Eugenio III(1145-1153) era nato a Monte Magno, presso Pisa.

 

4.   Abbas suburrannus (L’abate della Suburra). Anastasio IV (1153-1154) si chiamava Corrado Suburri, cioè della Suburra.

 

5.   De rure albo (Dal campo bianco). Adriano IV (1154-1159) era origina­rio del villaggio inglese di Saint Alban ed era stato vescovo della dioce­si di Alba. Il motto può anche voler alludere alle bianche tuniche dei canonici di Saint Ruf, di cui era stato abate.

 

6.   Ex ansere custode (Dall’oca custode). Alessandro III (1159-1181) si chiamava Rolando Papero Bandinelli. Ma l’allusione potrebbe anche riguardare la protezione esercitata sul Campidoglio, al pari delle tradi­zionali oche capitoline, contro l’imperatore Federico Barbarossa.

 

7.   Ex tetro carcere (Dal tetro carcere). Vittore IV, antipapa (1159-1164), era stato cardinale di San Vittore in Carcere. Il motto può anche riferirsi alla prigione in cui fece rinchiudere per un certo tempo illegittimo papa Alessandro III.

 

8.   De via Transtiberina (Dalla via trasteverina, ovvero al di là del Tevere). Pasquale III, antipapa (1164-1168), era stato cardinale di Santa Maria in Trastevere. Fu anche protagonista di varie fughe al di là del Tevere.

 

9.   De Pannonia Tusciae (Dall’Ungheria alla Tuscia). Callisto III, antipapa (1168-1178) proveniente dall’Ungheria, era stato cardinale di Tuscolo.

 

10.  Lux in ostio (La luce alla foce). Lucio III  (1181-1185) apparteneva alla famiglia lucchese degli Allucignoli, da cui il riferimento alla luce, ed era stato vescovo di Ostia, che ricorre anch’essa per assonanza nel motto.

 

11.  Sus in cribro (Il maiale nel crivello). Urbano III (1185-1187) proveniva dalla famiglia dei Crivelli e aveva sullo stemma un maiale in uno stac­cio o crivello.

 

12.  Ensis Laurentiis (La spada di Lorenzo). Gregorio VIII (1187) fu cardinale di San Lorenzo in Lucina e portava una spada nel blasone.

 

13.  De schola exiet (Esce dalla scuola). Clemente III (1187-1191) proveniva dalla famiglia degli Scholari.

 

14.  De rure bovense (Dalla campagna di Bovi). Celestino III (1191-1198) era un Orsini del ramo dei Bovoni, possidenti di terreni nella campagna di Bovi.

 

15.  Comes signatus (Il conte segnato). Innocenzo in (1198-1216) discende­va dai conti di Segni e aveva per motto l’invocazione biblica: «Signore, datemi un segno della vostra benevolenza».

 

16.   Canonicus de latere (Canonico a lato, ovvero al fianco). Onorio III (1216-1227) fu canonico in Laterano.

 

Continua….